Il 12 maggio alle ore 17.30,  in contemporanea con altri Paesi del mondo, si è svolta la performance di Sarah Revoltella dal titolo “Io Combatto”

Sette monitor con prove in corso di connessione, le immagini che vanno e vengono, dietro una cabina di regia che comunica con piccoli gruppi di artisti e operatori sparsi nel mondo.qui alla Tesa 105 dell’Arsenale di Venezia  c’è la sede principale di un’azione che sta per accadere anche in altre parti nel mondo. Le altre locations sono un teatro d’avanguardia nella banlieu di Parigi, il top roof di un grattacielo a New York, una galleria a Istanbul, la terrazza di una casa privata a Karachi, un museo a Mosca.  Tutti pronti a realizzare la performance Io Combatto insieme a Sarah Revoltella, che porta avanti questo progetto sul disarmo e su una cultura di trasformazione radicale di mentalità e pratica a partire dalla società civile. Ora questa performance diventa un gesto condiviso e diffuso, una rete di azioni in giro per il mondo che sarà un forte messaggio simbolico, nel cuore della Biennale di Venezia, dimensione altrettanto simbolica dell’arte internazionale che diventa luogo e strumento allo stesso tempo. insieme il sostengo della Fondazione Pistoletto in forma del Terzo Paradiso, casa ideale per quel sogno a cui Pistoletto continua a dare forma di una rivoluzione sociale profonda attraverso l’arte. Le armi vengono disposte a Venezia come negli altri luoghi.

Non tutti i collegamenti funzionano ancora bene ma si va avanti. Si comincia. Sarah imbraccia la prima arma e ne descrive la potenza offensiva sul corpo umano e sull’ambiente, così per quella successiva, una via l’altra. Alla sua voce si sovrappongono quelle degli altri performer, i loro gesti ai suoi, un coro di lingue e di figure che si fondono in un unico messaggio. l’attenzione e  l’emozione sono forti tra il pubblico, in rigoroso silenzio, appeso alle parole e ai movimenti di Sarah, con gli occhi che saltellano da un monitor all’altro in giro per i mondo. Sembra incredibile aver messo in piedi questo progetto, un anno e mezzo di lavoro costruito pezzo per pezzo, senza budget, in una cordata di persone che, con ruoli e apporti diversi, hanno consolidato Io Combatto per passione e fiducia in u futuro diverso, e perché credono davvero che l’arte possa dove altre forze e pensieri non sono  riusciti. Sarah finisce, riparte dall’inizio e inizia a gettare a terra le armi in ceramica, che al contatto con il suolo si frantumano. È un’eco di rotture e conflagra insieme, ognuno dei performer interpreta a modo suo l’azione, come era l’accordo: fare proprio il gesto e dargli un’anima.   Alla fine si raccolgono i frammenti neri, in un sacco di juta che viene trasportato all’aperto in un giardino dietro alla Tesa 105.

Lì porzioni di pistole, fucili, mitra vengono piantate in quello che sembra un giardino zen di rinascita e trasformazione realmente possibile. Ha una sua bellezza infatti, non mostra più l’orrore della violenza e della morte inutile che incarnava prima. l’emozione è ancora più forte, Sarah è stremata e il pensiero va agli altri performer che stanno piantando altrove i loro frammenti. Scatta un applauso che è un abbraccio, si citano i nomi di tutti (*), che sono tanti, tantissimi, da chi ha cotto le armi a chi ha sostenuto le spedizioni delle cassi in giro per il mondo. Grazie a ciascuno e a tutti insieme questo è potuto accadere. Tutto è andato bene, anche se l’esperienza di questo lungo processo realizzativo ha insegnato molto e ha lasciato anche delle amarezze. Per esempio l’impossibilità di fare partecipare Israele e Palestina, perché, pur nella eterogeneità di gruppo e figure diverse contattate, alla fine il punto era che ‘o ci siamo noi o ci sono loro’. E allora meglio nessuno, non c’è scelta, solo tutti insieme ha senso ed è la direzione. Oppure il pasticcio alla dogana di Istanbul, che di fatto non ha sdoganato la cassa con le armi\opera, tra ombre e ambiguità e burocrazie bizantine, obbligando il performer a fare l’azione con le fotocopie a colori delle armi. Ma tutto ha funzionato benissimo comunque, con l’intelligenza e l’ironia che rimedia e risolve. Ora il progetto deve andare avanti.

MOSCA : Hermes Zaigott – performer Gribuk Yanina – Pr project manager Kirill Shakhnovich – technical director of the project Alexander Tikhonov – representative of the location location – MMOMA.

ISTANBUL : Burçak Konukman – performer Giorgio Caione – Pr project manager and technical director of the project location – galleria Mixer. In collaboration with Billur Tansel – Open diyalog İstanbul

NEW YORK : Sean Donovan – performer Veronica Santi – Pr Project Manager  and technical director of the project location – All Favor Productions

KARACHI : Sara Pagganwala – performer Carlotta Scarpa – Pr Project Manager  and technical director of the project Humayun Memon – assistant curator location – All Favor Productions. In collaboration with Karachi Biennale 2017 (Paolo De Grandis – International Curator Amin Gulgee – Chief Curator).

PARIGI : Colette Nucci – performer Elena Mazzarino – Pr project manager and technical director of the project location – Théâtre 13/Seine. Si ringrazia il Théâtre 13, Parigi

Olga Gambari – curatrice del progetto

Credit fotografici Ricky Monti.

Source: lastampa.it